Cito alcune sue riflessioni e appunti sull’adattamento dei dialoghi.
Che dire? Nessuna parola del copione mi è stata contestata. Stefano ha persino denotato come il testo non presentasse parole ostiche, salvo dove risultava chiaramente intenzionale (intenzione dell'autore, ovvero di Miyazaki, non mia, mero e umile mediatore linguistico). Sono stato particolarmente felice di questo.
In effetti, Ponyo (il film) è parlato in maniera assai colloquiale. Resta il solito empasse traduttorio: è una colloquialità per noi straniera, la cui resa pure non deve violarne il contenuto culturale nativo. Siamo sempre lì.
Spero di aver raggiunto un buon compromesso (la traduzione è compromesso). Per contro, ho mantenuto numerosi nipponismi sustanziali e formali, credo in modo forse inedito per un film giapponese che viene distribuito al cinema nel nostro paese. Ad esempio, i diminutivi in -chan. Ancora, restano le citazioni dirette di 'Il Castello del Dio Drago' e 'le ragazze Urashima', che avevo 'adattato' (rispettivamente: 'il castello delle favole', e 'le ragazze delle favole') nel testo dei sottotitoli veneziani. Ancora, ho reintegrato il nome della dea Kannon nei dialoghi (nei sottotitoli veneziani l'avevo esplicitato sempre in 'la dea della misericordia'). Ci sono molte cosette così.
(Fonte: Studioghibli.org)